martedì 3 ottobre 2017

#La Prova

 


V'era un tempo in cui la magia esisteva e la si poteva trovare solamente dentro sè stessi, anzi a voler essere più precisi, si ricercava il potere che derivava dalla magia, e il potere più grande, si poteva ottenere solo in un modo : attraverso la pace interiore.
Ma cos'era poi questa pace interiore, solamente un modo di dire oppure quel ruscello scrosciante che lavava via i pensieri dell'Eremita? Oppure ancora quel cantico intonato dalla Sacerdotessa e le sue consorelle che donava serenità ad un animo altrimenti impuro?
E dalla sommità di quella piramide uno sguardo torvo ma non maligno osservava. Osservava quella carne cercare conforto in qualcosa che mai in quel modo avrebbero potuto sperare di colmare. Ma lasció che fossero loro a decidere, in fondo, proprio questo doveva appurare.

Le mie ali, il mio becco, la mia potenza, la mia grandiosità, nemmeno da questa altezza possono influire e così rimango in attesa.

Il corno suona la chiamata dei prescelti e già l'Eremita pregusta la vittoria. L'aria frizzante che sgorga dalle scintille trasparenti finisce sul suo viso, donando sollievo a quelle scottature dovute alle troppe ore d'esposizione al sole; l'acqua impetuosa del fiume scorre nelle vene del sapiente a dimostrazione della forza che la natura gli ha concesso d'avere.
Sapeva di non dover temere sconfitta ma sapeva anche di non dover cedere all'orgoglio, solo pensava, di dover essere consapevole che poteva avere ogni cosa grazie al potere acquisito; nulla gli mancava, da solo era sopravvissuto a mille intemperie, contro centinaia di bestie, contro la più grande di queste: lui stesso.
E risalí come i salmoni lungo il fiume fino alla sorgente, nuotando tra i flutti, sfiorando le foglie e inarcando la terra fino a tornare subitamente giù, ad incontrare il suo destino.
E così pure si preparava lei, la Sacerdotessa; chè di preghiere ne aveva esaudite tante, una donna d'amore, d'onore e di rispetto ma soprattutto una donna di fede.
Entrambi, avviandosi verso l'ultimo gradino che avrebbe segnato la loro ascesa al potere divino presente in ognuno di noi, ripensavano alla vita appena trascorsa.
Una vita senz'agi, senza aiuti, ma fatta solamente di sacrifici, e così ,sicuri di essere premiati per la loro costanza, si presentarono al cospetto della Sfinge. Il Falco stesso li avrebbe giudicati idonei a diventare dei veri maghi o non ancora pronti.
Ad entrambi La Sfinge rivolse loro una domanda, la medesima, dandogli tutto il tempo necessario a riflettervi per rispondere correttamente.
Il Falco, osservatore della scena dall'alto, sulla testa della statua senza tempo, non si aspettava una risposta qualunque ma la risposta esatta; la risposta che non poteva provenire dalla logica, dal sacrificio e né tantomeno dalle esperienze vissute, ma solamente da ciò che il cuore avrebbe dettato loro in quel preciso istante, e che sarebbe rimasto indelebile se fossero arrivati a capirlo davvero.
Molte furono le risposte che vagabonde nella mente dell'Eremita e della Sacerdotessa, alcune molto argute altre invece semplici, ma tutte non facevano altro che ricondurre all'età nel quale vivevano : un'età medievale colma di magia, di credenze ma anche di superstizioni, contraddizioni, di odio e dolore e quindi di molti limiti.
Un rumore li distrasse. Dalla strada arrivò zoppicante un fanciullo.
Arrancava, il respiro era pesante, e le macchie delle botte ricevute lungo il sentiero da chi non voleva dargli un passaggio o una pagnotta di pane erano ben visibili. Al suo arrivo la Sacerdotessa diede un pezzo di pane azzimo a quel piccolo bimbo affamato dai riccioli sporchi, con occhi spenti ma visibilmente pieni di speranza; e l'Eremita gli portò dell'acqua per dissetare quella bocca asciutta, arsa dal sole e dall'indifferenza delle persone.
Anche quel ragazzino voleva arrivare sulla strada al di là della Sfinge, non perché fosse a conoscenza del suo valore, non sapeva cosa aspettarsi, voleva solo andare avanti. Fù così che la Sfinge pose a lui la stessa domanda che aveva fatto ai due eruditi.
-Ma come- Sospirò la Sacerdotessa. - io ho dedicato tutta la mia vita alla ricerca della pace nel mondo e nel mio cuore.-
-Perché io?!- Rincaró l'eremita. - Io ho rinunciato a me stesso, alla mia famiglia e a tutto ciò che avevo. Perché la stessa domanda viene fatta a lui che non è nemmeno un novizio?!-
Nonostante questi pensieri il loro animo era buono, lo vedeva il falco che scrutava il loro cuore colmo d'amore ma anche di compassione per quel giovanotto maltrattato.
Allorché in quel momento tre persone stavano davanti alla Sfinge: la Sacerdotessa, l'Eremita e il poveraccio. Quest'ultimo però qualche secondo dopo, oltrepassó la sfinge dando l'ultimo sguardo d'intesa al falco.
Dapprima scese un silenzio pesante tra i due eruditi che fu quasi subito riempito da foschi brusii nel loro cuore.
-Com'è possibile sia passato?! Com'è possibile lui abbia saputo rispondere.. ma abbiamo davvero capito la domanda?-,
I due si guardarono attoniti ripensando alla questione posta loro dalla Sfinge: Per oltrepassare questo terreno e divenire qualcosa di nuovo c'è una caratteristica che dovete ancora avere, conoscere ed allo stesso tempo insabbiare, qual 'è?
Sacerdotessa ed Eremita cercano con lo sguardo il ragazzino ch'era appena passato.
Lui si volta sorridendo: vi aspetto, a presto.
E in quel mentre lo vedono per ciò che è. Le tumefazioni son sparite e sembra essersi completamente ripreso . Il suo viso sa di nuovo, di lucente, di pulito e di sereno. Lui è un uomo. Così come leremita, così come la sacerdotessa è una donna. Solamente questo niente di più. Capiscono e rispondono , vergognandosi come non succedeva da molto, molto tempo: il giudizio.
Il falco parve sorridere quando s'alzo in volo permettendogli finalmente di oltrepassare. Indicando loro la strada, lì in alto nel cielo dove tutto era uguale ma diverso.

Per quanto buoni possano essere i nostri intenti non bisogna mai dimenticare che un solo pregiudizio potrebbe compromettere tutto il lavoro di una vita, il giudizio è larma più letale che sfregia tanto chi la usa quanto chi lo riceve.

T.<3

venerdì 4 agosto 2017

"Dea" Una breve #storia ...

Molto tempo fa, quand'ancora eran le stelle a disegnare nel cielo il destino di ogni uomo e di ogni altro essere vivente, e la fortuna come la sfortuna ancora non esistevano tra le credenze popolari, nacque una bambina un po' strana.
Il nome non le venne dato subito, infatti per molti accadimenti da quando nacque a molti anni dopo, non ebbe dei veri genitori. I primi, quelli veri, la abbandonarono sulla porta di un convento dove, le suore troppo povere per prendersene carico, l'affidarono ad una famiglia benestante che la prese con sè solamente per beneficenza mandandola in un orfanatrofio solo un paio d'anni dopo, edi lì, salto in un altro e ancora e ancora.
Ma questa ragazzina con enorme pazienza e bontà d'animo mai si lamentò, e sempre a testa alta con educazione, accettava ogni sgarbo ed ogni sofferenza .
Per questa era strana: perché non picchiava mai pugni sul tavolo imprecando le stelle per la sorte che gli era toccata. Per questo le stelle del cielo disegnarono per lei un nuovo destino, facendole incontrare una famiglia con dei genitori che le vollero bene e la chiamarono, per volere delle stelle, "Dea" un nome che tanto si avvicinava a quegli astri di luce.

venerdì 21 luglio 2017

La Trincea.



La trincea si faceva sempre più stretta perchè colma di corpi, molti già in putrefazione, altri ancora totalmente decomposti, di cui si vedeva chiaramente il bianco delle ossa. 
E i corvi banchettavano.
Erano morti per primi, come sempre, i pochi verdi pensieri. Quelli speranzosi, quelli portatori di lucidità e serenità, arrivavano tardi e morivano quasi subito.
Come in un sogno la mia visuale era dall'angolo più buio, dal quale scorgevo le ombre che assalivano la trincea. Non c'era fucile, non c'era granata che potesse distruggerle, solamente una ferrea volontà che al momento mi mancava; così almeno la pensavo io, ma qualcuno, aveva il coraggio di dirmi il contrario, di dirmi che doveva andare così e che essere forti non sarebbe bastato.
Dava l'idea di una fossa comune, e come tale, non veniva mai svuotata da quei corpi che prima erano così lindi, colorati, vivaci, allegri che parevano non potersi spegnere mai, ma invece si dimostrarono fugaci: troppo per essere vissuti come meritavano.
Nei momenti in cui mi rendevo conto di tutte quelle salme mi veniva il dubbio di stare sprecando, di comportarmi da egoista e di combattere contro me stesso; ed ecco, che proprio in quei momenti ritornava: Spuntava pezzo dopo pezzo, macchia dopo macchia, dal crinale della trincea una figura tremolante ma distinguibile. La mia. E mi assaliva. E mi torturava con lunghi artigli oscuri...

giovedì 6 luglio 2017

Luglio.



Prima ancora di divenire un mese ricco di storia e così importante, luglio, aveva un altro nome. Un nome comune, anzi un numero: V .
Perché quello era anche il suo ruolo, inizialmente infatti era il quinto mese dell'anno.
Solo una semplice identificazione, ed era l'unico ad averla. Gli altri mesi si fanfaronavano tra le loro più improbabili, ma purtroppo vere ed incredibili storie, su come fossero nati e, fu in una di quelle serate attorno al fuoco, quando più si sentiva solo, che Quinto prese la decisione di costruirsi un nome, e così una storia, una leggenda tutta sua.

sabato 24 giugno 2017

100°Post.Sulla Via. Wblog. (Seconda parte.)




Ed è proprio a questo racconto che punto, voglio puntare tutte le mie fish. Tutti i miei ricordi, le mie esperienze.. le mie speranze. Ecco il collegamento quindi alla prima parte:
La conoscenza non è che un soprabito e, se non se ne prende atto, rimane solamente motivo d'offesa ed egocentrismo. La parte più complicata non è affatto, come potrbbe sembrare, immagazinare nuove informazioni, ma comprenderle a fondo; farle entrare nel propio essere fin quando, dopo molto esecizio, le parole, gli insegnamenti ricevuti, non fluiscono dalla mano alla penna fin sul foglio, come un fiume, sì in piena ma con una potenza ben direzionata. Perché si sa dove andare.
Amo veder correre la penna ad inchiostrare quel foglio bianco che aspetta solamente io lo renda realtà attraverso il mio racconto. Questa è la mia strada, la mia presa di coscenza. Certo, avere il blog è stata per me una prova, la prova del nove; e ora mi sento pronto per dare tutto me stesso a quest'impresa, per tale motivo ho deciso che il blog passerà in secondo piano . Non lo tralascerò di certo, anzi, troverete il consueto post settimanale, ma nn posso assicurare che saranno più di uno perché tutte le parole e le conoscenze che ho da usare, le metterò a disposizione del mio libro, di quelle pagine che aspettano solamente il punto.
Vi ringrazio per avermi seguito in un altro viaggio attraverso i vicoli pensierosi della mia mente, spero solo di non avervi tediato ma anzi, di avervi dato una maggior consapevolezza di me , dell'importanza che troverete nel mio racconto.
E con questo CENTESIMO post vi saluto e mi auguro di rivederci al più presto!!
T.<3