martedì 13 settembre 2016

La fine del topo


Colori e contorni sfocati, purtroppo non era notte. Movimenti veloci, scattanti. Sicurezza, scaltrezza.
Il mondo è così lento ai miei occhi, così tranquillo, che mi pare di potermi addormentare da un momento all'altro, ma, non è nella mia natura.
Riesco a seguire ogni movimento nella mia visuale, ogni fruscio è percepito come un urlo alle mie orecchie.
Ho imparato ad esser paziente, silenziosa e timibile predatrice in questa giungla di muri e vuoti cortili.
E' vicina, la preda, il mio oggetto di scambio.
Le narici ne aspirano profondamente l'odore, incofondibilmente putrido, che fa vibrare con impazienza i miei baffi. Vispi, gli occhi saltano su ogni veloce scambio di battuta in questa natura morta: Finestra che si apre, tenda che si chiude, foglia sospinta dal vento... Si avvicina, arriva da sud.
Volgo la testa per aspirarne meglio il gusto, per immaginare e prevedere ogni suo movimento, lì, in quel piccolo angolo d'erba che delimita il fosso sta la mia preda. Inerme, inconsapevole della sorte che gli sarebbe spettata.
Non era una mia decisione, prendere lui, madre natura me lo imponeva e io, non potevo far altro che accettarlo e assecondare questo volere, nonostante quell'odore di fogna.
Sta per lasciare il suo nascondiglio, ancora non è il momento. La mia attenzione ora, è solo per lui, nessun'altro movimento o suono mi distrae. Sento il brivido della caccia farsi strada tra il pelo, irrigidendomelo, le unghie, come grandi artigli escono dalla loro pelosa custodia, è il richiamo della natura.
I sensi si fanno più acuti.
Sta arrivando.
Velocità, freddezza. Il brivido adrenalinico è arrivato alla coda che, come folgorata, si muove al ritmo di una bandiera spezzata.
Guardo al rallenty il mondo respirare, sento il suo cuoricino battere, le zampe si posizionano per la spinta necessaria, i muscoli si tendono e tutto il mio corpo si trasforma in una lancia scagliata ad alta velocità.
E' mio.
Un balzo e gli sono sopra. Allargo la zampa e intrappolo, al volo quel piccolo topolino che s'accorge troppo tardi d'essere in gabbia. Squittisce con l'orrore che gli rizza il pelo, che gli allarga gli occhi. Lo sa, ora ne è consapevole, quello è il suo ultimo momento.
In quell'istante non sono Lady, non sono animale. Sono solamente il cacciatore più grande e spietato.
Esistiamo solo io e quella piccola creatura, ci guardiamo negli occhi, ci capiamo, Madre natura ha deciso il suo decorso.
Affondo. Un artiglio, pelle strappata, vene lacerate. Due artigli, e infine tutti. Il sangue comincia a scorrere lento. L'odore è penetrante ma ancora non è il suo momento. Quello, è solo il marchio che estingue il mio dovere. Lo lascio, prova a scappare, è la sua natura. Con uno scatto veloce lo riprendo e gli faccio perdere il senso dell'orientamento sbalottandolo tra una zampa e l'altra con gli artigli ben aperti. Le ferite si aprono, ma l'adrenalina che gli scorre in corpo gli da la falsa sensazione di avere una scappatoia. Si sbaglia.
L'ultimo colpo, il più feroce, il più felino e, con uno schiocco , il collo si spezza.

Quella micia era un portento, ormai ogni giorno mi portava un topolino, il suo modo per ringraziarmi per il cibo e la casa. Come facevo a non addolcirmi? Pensavo solamente alla riconoscenza e il rispetto che questi "animali da compagnia" avevano più spiccati rispetto all'uomo. Quante cose ancora dovevano fare questi esseri per dimostrarci come ci si comporta nella vita?
-Brava, ottimo lavoro Lady! Vieni che ti do la pappa, te la sei meritata!-

Amico mio, come puoi stupirti della natura? È sempre stata qui, al tuo fianco, a tua disposizione, io non faccio altro che assecondarla! Ma Voi, piccoli grandi umani, nemmeno vi accorgete di quello che potreste fare partecipando all'armonia di questa natura. ­
Beh ora ti seguo, è giunto il mometo di avere un buon pasto, di farmi le unghie sul tuo divano spaparanzata e una pennichella lunga almeno sedici ore.

T.<3

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