Colori e contorni sfocati, purtroppo non era notte. Movimenti veloci, scattanti. Sicurezza, scaltrezza.
Il mondo è così lento ai miei occhi,
così tranquillo, che mi pare di potermi addormentare da un momento
all'altro, ma, non è nella mia natura.
Riesco a seguire ogni movimento nella
mia visuale, ogni fruscio è percepito come un urlo alle mie
orecchie.
Ho imparato ad esser paziente,
silenziosa e timibile predatrice in questa giungla di muri e vuoti
cortili.
E' vicina, la preda, il mio oggetto di
scambio.
Le narici ne aspirano profondamente
l'odore, incofondibilmente putrido, che fa vibrare con impazienza i
miei baffi. Vispi, gli occhi saltano su ogni veloce scambio di
battuta in questa natura morta: Finestra che si apre, tenda che si
chiude, foglia sospinta dal vento... Si avvicina, arriva da sud.
Volgo la testa per aspirarne meglio il
gusto, per immaginare e prevedere ogni suo movimento, lì, in quel
piccolo angolo d'erba che delimita il fosso sta la mia preda. Inerme,
inconsapevole della sorte che gli sarebbe spettata.
Non era una mia decisione, prendere
lui, madre natura me lo imponeva e io, non potevo far altro che
accettarlo e assecondare questo volere, nonostante quell'odore di
fogna.
Sta per lasciare il suo nascondiglio,
ancora non è il momento. La mia attenzione ora, è solo per lui,
nessun'altro movimento o suono mi distrae. Sento il brivido della
caccia farsi strada tra il pelo, irrigidendomelo, le unghie, come
grandi artigli escono dalla loro pelosa custodia, è il richiamo
della natura.
I sensi si fanno più acuti.
Sta arrivando.
Velocità, freddezza. Il brivido
adrenalinico è arrivato alla coda che, come folgorata, si muove al
ritmo di una bandiera spezzata.
Guardo al rallenty il mondo respirare,
sento il suo cuoricino battere, le zampe si posizionano per la spinta
necessaria, i muscoli si tendono e tutto il mio corpo si trasforma
in una lancia scagliata ad alta velocità.
E' mio.
Un balzo e gli sono sopra. Allargo la
zampa e intrappolo, al volo quel piccolo topolino che s'accorge
troppo tardi d'essere in gabbia. Squittisce con l'orrore che gli
rizza il pelo, che gli allarga gli occhi. Lo sa, ora ne è
consapevole, quello è il suo ultimo momento.
In quell'istante non sono Lady, non
sono animale. Sono solamente il cacciatore più grande e spietato.
Esistiamo solo io e quella piccola
creatura, ci guardiamo negli occhi, ci capiamo, Madre natura ha
deciso il suo decorso.
Affondo. Un artiglio, pelle strappata,
vene lacerate. Due artigli, e infine tutti. Il sangue comincia a
scorrere lento. L'odore è penetrante ma ancora non è il suo
momento. Quello, è solo il marchio che estingue il mio dovere. Lo
lascio, prova a scappare, è la sua natura. Con uno scatto veloce lo
riprendo e gli faccio perdere il senso dell'orientamento
sbalottandolo tra una zampa e l'altra con gli artigli ben aperti. Le
ferite si aprono, ma l'adrenalina che gli scorre in corpo gli da la
falsa sensazione di avere una scappatoia. Si sbaglia.
L'ultimo colpo, il più feroce, il più
felino e, con uno schiocco , il collo si spezza.
Quella micia era un portento, ormai
ogni giorno mi portava un topolino, il suo modo per ringraziarmi per
il cibo e la casa. Come facevo a non addolcirmi? Pensavo solamente
alla riconoscenza e il rispetto che questi "animali da
compagnia" avevano più spiccati rispetto all'uomo. Quante cose
ancora dovevano fare questi esseri per dimostrarci come ci si
comporta nella vita?
-Brava, ottimo lavoro Lady! Vieni che
ti do la pappa, te la sei meritata!-
Amico mio, come puoi stupirti della
natura? È sempre stata qui, al tuo fianco, a tua disposizione, io
non faccio altro che assecondarla! Ma Voi, piccoli grandi umani,
nemmeno vi accorgete di quello che potreste fare partecipando
all'armonia di questa natura.
Beh ora ti seguo, è giunto il mometo
di avere un buon pasto, di farmi le unghie sul tuo divano
spaparanzata e una pennichella lunga almeno sedici ore.
T.<3
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