martedì 21 febbraio 2017

Anticipazione romanzo : Un Viale Alberato.




Questo post è un'anticipazione al libro: Un Viale Alberato. Spero vi entusiasmi, buona lettura!

Ero in una piazza di fronte a tanta gente, altolocati sembrava dai vestiti sgargianti; venuti a vedere qualcosa di anomalo che rompeva la loro monotonia giornaliera perché abituati a vivere costantemente nel lusso senza problemi di alcuna sorta . Alcuni più vicini a me erano medici, scettici che quei metodi cosi all’antica funzionassero, convinti che la scienza fosse l’unica religione possibile. Per ultime, facevano gruppo tutte le suore di quel posto. Piegate ginocchioni a pregare in cerchio.
Il mio sguardo notava tutto ciò, inconsapevole del fatto che fossero lì per me, anzi no, per il fatto non comune .
Una suora si avvicina a mia madre tendendo le braccia per prender quello scricciolo ch'ero io, premuto al petto di Marisa.
Mamma mi era sempre stata accanto, non voleva lasciarmi forse per paura di perdermi , forse per paura di avere un’altra delusione e di non poterla sopportare. Queste erano le emozioni che mi trasmetteva il suo cuore che con il mio aveva accelerato il passo, battendo sempre più forte , cosi forte che sembrava essere lo stesso organo.
Vivevo quel momento di grande affettività ignaro di quello che stava per succedere.. 
 
Tenendo a distanza i miei genitori venni portato a lato di una vasca, al centro del cerchio formato dalle donne incappucciate, le quali sommessamente pregavano.
Due di loro interruppero la circonferenza avvinandosi a me per aiutare la suora madre a spogliarmi.
Ero piccolo sì, ma lì, conobbi la vergogna e fu l’unica emozione che in quel momento riuscii a provare. Un’emozione che si risvegliò in me in seguito, ogni qualvolta dei medici e altre persone mi toccarono.
Spogliato di tutti i vestiti mi venne messa una crema, fresca ma del colore delle cammole per essere subito immerso nella vasca.
Un’immagine che ancora oggi a distanza di tutti questi anni mi fa rabbrividire.
Il liquido contenuto era rosso, viscido, mi si avviluppò alle gambe appena fui dentro. Non sembrava muoversi, non si increspò nemmeno un po', né quando toccai la superficie, né quando fui dentro del tutto. Un altro liquido che mi venne versato lentamente anche sulla testa, lasciandolo scorrere lungo il corpo.
Forse era una mia impressione dettata dalla vista di quel colore che sembrava sangue, ma aveva proprio quel sapore, quasi di ferro. Aprivo gli occhi cercando di vedere, ma li ricopriva un fiume rosso. Sbattevo convulsamente le palpebre cercando di allontanare quel liquido, annaspavo in un bagno di sangue, volevo uscirne!
Con un gesto disperato strattonai le braccia liberandomi dalla presa della suora che mi teneva, il liquido scivoloso mi permise di riuscirci e mi alzai con fatica scivolando sul fondo, mi sfregai gli occhi, gemendo e urlando. Sputavo sangue a quella suora che cercava di tirarmi giù e urlavo a più non posso.…
Non so bene cosa gridassi in quei momenti ma mi sfinii completamente e, vedendo che nessuno veniva in mio aiuto, il mio corpo mi abbandonò. Ora erano quattro le religiose che mi trattenevano dentro.
In quei momenti ero invaso dal terrore, ma anche e soprattutto dalla rabbia per la grande vergogna che provavo nell’essere trattato come un verme, un oggetto di miracolo umano, che, tra l’altro, non avveniva.
Fuori di me, con un groppo in gola e gli occhi umidi, sentendo pizzicori dovunque per quel liquido viscoso che toccava ogni mia parte, mi girai supplichevole verso mia madre, cercando il suo sguardo, il suo aiuto, stavo per scoppiare in un gran pianto di fronte a quell’enorme massa di persone, che mi guardava curiosa come si guarda una scimmia fare le acrobazie al circo in piazza.
Portami via di qui!, pensavo, portami via!!!. Ma non lo fece. Invece mi sorrise, pensava di fare la cosa giusta.
Allora non capivo, ci rimasi molto male, ce l’avevo con lei, ce l’avevo con quelle suore che nemmeno mi guardavano gli occhi, mi avevano toccato come credo si toccassero i lebbrosi durante la grande peste.
Non ricordo come finì quella giornata .
A quell’epoca ero abbastanza grande da poter avere già molti altri ricordi ma, al contrario di tantissimi, io ne avevo solamente due, che mi pesavano sul cuore come macigni, che dipingevano la mia infanzia come una dura venuta al mondo.
Forse inconsciamente avevo cancellato tutti gli altri momenti, in cliniche e ospedali, peccato però non aver cancellato quelle che credo siano le esperienze più traumatizzanti da affrontare per un bambino.
Dopo quella volta nell'abbazia, i miei si convinsero che dal punto di vista medico, a parte pomate e medicinali inutili ma anzi peggiorativi, non vi fossero soluzioni.
Pensarono di averne provate troppe senza successo. Volevano utilizzare però l’ultima risorsa che gli rimaneva.....



Un piccolo anticipo al mio romanzo :Un Viale Alberato. Spero vivamente che questa prima introduzione al libro abbia stuzzicato la vostra curiosità! ;) Come sempre v'invito a dare liberamente la vostra opinione, qui oppure sui social network. <3
Vi aspetto giovedì per un nuovo post della rubrica To Writers!

Nessun commento:

Posta un commento