martedì 28 febbraio 2017

ToWriters.6. La #voce del #narratore




Ciao ragazzi, oggi voglio trattare un argomento che personalmente, ho visto essere fondamentale nell'andare del tempo, mentre scrivevo e scrivo ancora i miei racconti, ovvero : la mia voce come narratore.
Voglio cominciare facendo presente che bisogna tener conto della differenza da quando abbiamo una conversazione a tu per tu con una persona reale, a quando invece abbiamo una conversazione con il lettore. Avere un'interazione parlata con una persona reale, vuol dire trasmettere con la mia voce emozioni e ricordi. L'empatia ovviamente
 c'è solo in un rapporto non scritto.
A questo dilemma, già i primi scrittori hanno trovato risposta. Come narratori, non siamo costretti a rimanere in disparte anzi, possiamo far parlare in prima persona il nostro protagonista, oppure ancora, la voce del narratore può sopraggiungere ad accompagnare il lettore in un mondo fantastico. Molti sono i modi per interagire con chi legge, certo che bisogna mantenere in un certo modo le distanze altrimenti sarebbe una lettera;
La mia intenzione è specificare che non possiamo porci al lettore come se raccontassimo le nostre vicissitudini ad un amico.
Come dicevamo l'altra volta la vera difficoltà sta nel far trasparire le emozioni attraverso la scrittura, ci si ritrova quindi a dover scegliere tra discorso diretto e discorso indiretto.
Per esperienza il discorso diretto è di aiuto per chi comincia, perché esprime meglio i dialoghi e i tempi del dialogo. Potrebbe però cadere nell'inganno di appesantire il racconto, senza lasciare lo spazio al lettore di immaginare il dialogo, di sentirsi parte di esso perché troppo schematizzato.
Per esempio personalmente, quando voglio che una cosa sia chiara uso il discorso diretto, con una punteggiatura d'interazione; ovvero quegli spazi verbali che lasciano l'uno all'altro, due o più persone che parlano nella vita reale.
E' un fattore automatico nel rapporto verbale ma non altrettanto in quello scritto. In definitiva la mia punteggiatura scritta potrebbe essere un'azione.
Possiamo notare da noi, quanto possa apparire lento un discorso diretto. Ho letto moltissime storie di autori che hanno dimenticato come siamo abituati a parlare, a muoverci, a gesticolare ed indicare, e non ne hanno poi tenuto conto nelloscritto trasformando così i loro dialoghi in monotoni e stagnanti momenti. Invece facendo corrispondere un'azione al parlato, rende il dialogo più simile alla nostra realtà .
Un esercizio che faccio spesso e volentieri per scrivere le scene chiave: Prendo un qualunque discorso sentito nella mia giornata e cerco di inserirlo in diversi racconti e contesti. Posso dire che utilizzare la tecnica della botta e risposta può essere utilissimo nel qual caso volessimo rendere partecipe il lettore in un momento critico della nostra storia.

Dirò un'ultima cosa di cui personalmente non me ne sono reso conto per molto e molto tempo.
Utilizzavo le battute dei miei personaggi con noncuranza del loro carattere, dell'espressione del loro parlato. Avendo ogni personaggio le proprie caratteristiche, la propia la cultura e dialetto che esprimono in un dialogo, non posso dargli la voce piatta di un itaiano perfetto. Ci vuole la gista ricerca dei termini, la consapevolezza e la presenza di mantenere più integre le loro personalità.
Ovviamente un ragazzino non si esprimerà come si esprime un adulto, oppure ancora una bambina viziata sarà sempre permalosa ed esigente. Questi particolari influiscono molto di più di quello che pensamo sull scritto, e sicuramente, dimostrano l'abilità dello scrittore.

Spero d'avervi anche oggi dato dei consigli utili, anzi, delle personali esperienze, che vi potrebbe esser utile aver sempre presenti.
Buona scrittura!
T.<3

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