venerdì 19 maggio 2017

#Aprile



Nacqui in un mondo pieno d'insidie. Nacqui per un sentito, per un'emozione che ancora non aveva un nome. Ancora oggi non so se ritenere la mia nascita come un peso, una responsabilità o semplicemente come estensione dell'amore.
Ma per capire il mio dilemma dobbiamo fare qualche passo indietro.
Mi sentivo floscia, fluttuante e verde.E infelice. Non potevo far altro che guardare tutto il santo giorno quella superfice cristallina sopra il mio petalo più alto. Ero l'unica abitante di quel luogo , ma moltissimi erano i passanti: tutti uomini.
Clang clang era il umore che facevano. Tutto il giorno a combattere con le loro spade ed asce, per contendersi un inutile pezzo di terra. E il tempo si muoveva accanto a me, mentre le battaglie infuriavano e le vite di quegli esseri si spegnevano io sopravvivevo.
Diventando a volte gialla di paura, altre verde di rabbia e altre ancora raramente, diventavo tutta rossa per quella sporadica visita di un uomo che mi ammirava dal bordo dello stagno. Ecco perchè volevo di più di quella vita banale. Volevo andare ad accarezzare il volto di quell'uomo che non era vestito principescamente, era tutto emaciato, ma aveva dei grandissimi occhi dolci che trasparivano tutta la sua capacità d'amare rispetto agli altri suoi simili. Un desiderio al di là della mia portata.
E poi venne quel giorno. Non potrei mai dimenticare la gioia di quell'uomo mentre distoglieva lo sguardo da me, per posarlo su di una fanciulla che si fece timidamente avanti fino al bordo del mio stagno. 

 
Divenni verde d'invidia e subito mi confusi tra le alghe. E feci bene, perchè il mio amato s'era voltato per indicarmi alla fanciulla. Probabilmente m'avrebbe strappato e consegnata a lei come pegno d'amore: un fiore sempre bello, sempre giovane e capace di cambiare colore. Grande fu la delusione di quel momento, nello scoprire che il desiderio del giovane non era rivolto a me.
Ma improvvisamente la fanciulla scappò in preda al panico; il giovane uomo strinse i pugni e rimase in attesa. Di lì a pochissimo un drappello di uomini a cavallo gli si chiuse intorno, lasciandomi intravedere solamente il luccichio di lame saettanti, lasciandomi sentire le urla strazianti del mio giovane contadino. Finì presto; la terra s'intrise ancor più del suo sangue mentre si trascinava verso l'acqua: mi guardò per quella che sapeva essere l'ultima volta e sorrise.
Dentro di me, come una vampata di fuoco, irruppe un grande senso di vicinanza all'essere umano; sempre più forte, sempre più dirompente. E niente e nessuno aveva più motiv di trattenermi.
Mi strappai. Fluttuai velocemente fino a toccare quel volto. E guardai negli occhi quell'uomo, gli accarezzai il viso nei suoi ultimi respiri, gli sussurrai parole dolci; finche i miei petali non divennero lunghi capelli, le mie foglie, le mani che reggevano quel dolce viso e finchè, dai miei pistilli, non sgorgò un dolce canto d'amore nato dal sacrificio.
E divenni Afrodite. Un tempo fiore, un tempo umana, e ora, la dea che ha reso quell'uomo una stella d'avere sempre al suo fianco e non dimenticare mai.

T.<3

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