Nacqui in un
mondo pieno d'insidie. Nacqui per un sentito, per un'emozione che
ancora non aveva un nome. Ancora oggi non so se ritenere la mia
nascita come un peso, una responsabilità o semplicemente come
estensione dell'amore.
Ma per capire il
mio dilemma dobbiamo fare qualche passo indietro.
Mi sentivo
floscia, fluttuante e verde.E infelice. Non potevo far altro che
guardare tutto il santo giorno quella superfice cristallina sopra il
mio petalo più alto. Ero l'unica abitante di quel luogo , ma
moltissimi erano i passanti: tutti uomini.
Clang clang era
il umore che facevano. Tutto il giorno a combattere con le loro spade
ed asce, per contendersi un inutile pezzo di terra. E il tempo si
muoveva accanto a me, mentre le battaglie infuriavano e le vite di
quegli esseri si spegnevano io sopravvivevo.
Diventando a
volte gialla di paura, altre verde di rabbia e altre ancora
raramente, diventavo tutta rossa per quella sporadica visita di un
uomo che mi ammirava dal bordo dello stagno. Ecco perchè volevo di
più di quella vita banale. Volevo andare ad accarezzare il volto di
quell'uomo che non era vestito principescamente, era tutto emaciato,
ma aveva dei grandissimi occhi dolci che trasparivano tutta la sua
capacità d'amare rispetto agli altri suoi simili. Un desiderio al di
là della mia portata.
E poi venne quel
giorno. Non potrei mai dimenticare la gioia di quell'uomo mentre
distoglieva lo sguardo da me, per posarlo su di una fanciulla che si
fece timidamente avanti fino al bordo del mio stagno.
Divenni verde
d'invidia e subito mi confusi tra le alghe. E feci bene, perchè il
mio amato s'era voltato per indicarmi alla fanciulla. Probabilmente
m'avrebbe strappato e consegnata a lei come pegno d'amore: un fiore
sempre bello, sempre giovane e capace di cambiare colore. Grande fu
la delusione di quel momento, nello scoprire che il desiderio del
giovane non era rivolto a me.
Ma
improvvisamente la fanciulla scappò in preda al panico; il giovane
uomo strinse i pugni e rimase in attesa. Di lì a pochissimo un
drappello di uomini a cavallo gli si chiuse intorno, lasciandomi
intravedere solamente il luccichio di lame saettanti, lasciandomi
sentire le urla strazianti del mio giovane contadino. Finì presto;
la terra s'intrise ancor più del suo sangue mentre si trascinava
verso l'acqua: mi guardò per quella che sapeva essere l'ultima volta
e sorrise.
Dentro di me,
come una vampata di fuoco, irruppe un grande senso di vicinanza
all'essere umano; sempre più forte, sempre più dirompente. E niente
e nessuno aveva più motiv di trattenermi.
Mi strappai.
Fluttuai velocemente fino a toccare quel volto. E guardai negli occhi
quell'uomo, gli accarezzai il viso nei suoi ultimi respiri, gli
sussurrai parole dolci; finche i miei petali non divennero lunghi
capelli, le mie foglie, le mani che reggevano quel dolce viso e
finchè, dai miei pistilli, non sgorgò un dolce canto d'amore nato
dal sacrificio.
E divenni
Afrodite. Un tempo fiore, un tempo umana, e ora, la dea che ha reso
quell'uomo una stella d'avere sempre al suo fianco e non dimenticare
mai.
T.<3
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