giovedì 24 marzo 2016

I 1000 e 1 giorno da Senile. (Finale)

"Vaah” Stavo passando una settimana infernale, ad ogni ora del giorno chiamavo e nessuno rispondeva. Potevo solamente sperare che non fossero stati incarcerati anche tutti i miei contatti. Cosa alquanto improbabile, vista l'assoluta innocenza di mia madre.
Tutto prendeva una piega così surreale da mandarmi in pappa il cervello, e il peggio, era che il mio quotidiano Relax di enigmistica continuava ad arrivarmi. Chi me lo mandava? Perchè non rispondeva alle mie chiamate se poteva portarmi un giornale?!

 
Pieno di frustrazione stavo cominciando a dare di matto, lasciandomi trasportare dall'emozione come non era mia abitudine. Strappai violentemente le prime pagine, accartocciandole, riducendole a brandelli finchè non mi saltò all'occhio un particolare. Avevo sfogliato almeno una decina di volte quel “coso” ma , solo in quel momento mi accorsi del piccolo rebus sull'angolo di una pagina. C'era solo una lettera scribacchiata malamente, non era completato. Come e chi s'era permesso di toccare il mio giornalino porca...! Non ero solitamente vezzo ad inveire, era la mia calma glaciale e studiata a incutere paura non la mia bocca larga. Non so per quanto rimasi a fissare incazzato e impotente quella lettera, e mi scossi solo nel momento in cui capii ciò che voleva dirmi.
-Era ora, Cazzo!!.- Guardai l'orologio. Appena in tempo, corsi a più non posso verso la sala pranzo. Cosa effettivamente strana per me, visto il vomito che provavo solo a vedere cosa mi mettevano nel piatto, una stranezza che notarono tutti mentre li scansavo uno a uno per arrivare al mio posto in velocità.
I piatti erano lì ad aspettarci, come ogni giorno, come ad ogni pranzo. Un pezzetto di carne macinata, (erano in molti a non avere più i denti) del purè e tanta verdura, dalle carote alle zucchine, al sedano. Ce la misi tutta per frenare la mia impazienza, avevo già dato troppo nell'occhio e dovevo esser cauto, o la mia fuga sarebbe arrivata al suo epilogo ancor prima di cominciare.
Il rebus era chiaro, e anche il motivo di quella lettera. Sì, il rebus era un indizio, veniva raffigurata una donna che guardava estasiata un piatto colmo di cibo. Cibo vero, e quello non era il mio caso. Sondai con lo sguardo tutto il pasto,doveva essere nascosta all'interno del purè. Quando tutti ebbero preso posto, e le posate cominciarono a tintinnare, presi anche io il mio cucchiaio tremante.
No, non era il parkinson a farmi tremare, no, non ero lì per problemi cerebrali di alcun genere. Ma la mano mi prudeva. Presto, al posto del cucchiaio, avrei stretto ancora il calcio della mia pistola.
Quando la toccai col cucchiaio il mio cuore saltò un battito, ormai tutti presi dal pranzo, non notarono la mia ricerca a mano nel purè.
Eccola, la chiave. La chiave del cancello d'entrata, che al momento giusto della serata mi avrebbe permesso di uscire indisturbato. Dopo una certa ora infatti, anche Henry, la guardia del cancello andava a dormire. In fondo, in un manicomio cosa ci poteva essere da rubare? Era l'unica via di fuga essendo l'edificio circondato da una rete e una siepe alte 5 metri, meglio così, non avevo intenzione di fare arrampicata.
Le ventidue si fecero attendere. Quelle ore passate a sognare la nottata in uno dei miei appartamenti, non fecero altro che allontanare la trepidante fuga, era come ascoltare il raspare delle unghie su una lavagna pregandole di smetter presto.
Preciso come un orologio svizzero, alle dieci ero pronto e, come un giovinotto che esce clandestinamente di casa, scavalcai la finestra della camera il più silenziosamente possibile. Percorsi il giardino arrivando al selciato ch'era la stradina d'ingresso. Con l'oscurità che mi avvolgeva raggiunsi quatto quatto il cancello, e grazie alla luna, avvicinai la chiave alla serratura.
Benedissi quel raggio di luna che si specchiava sulla toppa, ma maledissi la mano tremante che non riusciva a infilare la chiave.
-Veeh! Porco giuda che cazz..!!- Sembrava un incubo, ma era reale. Più spingevo la chiave nella serratura e più questa pareva rompersi, squagliarsi tra le mie mani.
-Ehi! Ehi tu!- Cazzo , come avevo fatto a dimenticare l'ultimo giro di ronda che faceva Henry?! Per un attimo incrociammo gli sguardi, al che lui cominciò a correre come un forsennato verso di me, e io, sentendomi sempre più il topo in trappola continuavo a sbattere l'ormai inesistente chiave sulla toppa. Poi la presi a pedate, infine, col fiato di Henry quasi addosso, cominciai a scuoterla violentemente, provocando così l'epilogo che non avrei mai voluto. Persi l'equilibrio a causa del selciato umido sbattendo di cattiveria la testa sulle spranghe del cancello. E tutto fu buio.

Mi svegliò il trambusto che rimbombava ovunque nella mia testa, assieme a una voce che urlava.
-Papà, papà!!- Un giovane era chino su di me, con le lacrime al volto.
Chi era quel ragazzo, cosa voleva?
-Papà ma cosa hai combinato, mi hanno chiamato dal.... il medico mi ha contattato dicendomi che ti sei preso una bella botta cercando di scappare. Devi smetterla, lo sai che lì starai bene!-
-Vaaah, veeeh !!! VAAAAAH, VEH!- Cominciavo a non capirci più nulla. chi era quel ragazzo? Mi metteva angoscia. Perchè mi chiamava papà? Perchè non ero riuscito a scappare? Perchè la chiave mi si era squagliata in mano!?.

Fuori dalla stanza...
- Mi spiace signor Walter, suo padre sta peggiorando come può vedere.-
- Ma dottore, com'è possibile, dicevate che in quella casa di cura si sarebbe sentito meglio. Invece non mi riconosce nemmeno più!-
- Si calmi, la prego. Evidentemente non ha reagito come speravamo. Ha cominciato a costruirsi invece un mondo tutto suo.- Walter prese dal medico il sacchetto di carta, conteneva gli unici effetti personali di suo padre? -Queste cose erano nella sua tasca quando è caduto, questo invece l'aveva in mano-
Il medico lasciò il ragazzo, interdetto a guardare gli oggetti che alimentavano la pazzia di suo padre: Una saponetta era il telefono cellulare, una gamba di sedano ormai ridotta a brandelli era la sua chiave.
Una realtà ben diversa la sua.
Walter era un veterinario, e suo padre, vedovo da quasi dieci anni, era un poliziotto in pensione...malato di Alzheimer.

Nessun commento:

Posta un commento